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Squarci di sottoBosco 6/10

Don Bosco, un sarto che cuciva stoffe logore e "buone stoffe"...


Squarci di sottoBosco 6/10

 

Avresti mai detto che don Bosco sapeva cucire? Imparò questo mestiere già in tenera età e gli tornò davvero utile...

 

SottoBosco 6/10

SANTO SARTO

 

Con ago e filo don Bosco se la cavava piuttosto bene. Fin da giovane aveva avuto varie occasioni per cimentarsi con il mestiere del sarto, ottenendo tra l'altro discreti risultati.

Nel 1830-31, studente a Castelnuovo, Giovanni era stato a pensione presso il sarto Giovanni Roberto, da cui aveva appreso i primi rudimenti del mestiere. Alcuni anni dopo lo ritroviamo studente a Chieri nell'anno 1834-35, a pensione dal sarto Cumino, avendo la possibilità di perfezionarsi nel confezionare ogni sorta di vestiti.

Quest'arte doveva poi rivelarsi utilissima per don Bosco quando, iniziando ad ospitare i primi ragazzi nell'oratorio di Valdocco, fino a notte fonda, assieme a mamma Margherita, si dedicava a rammendare e riassettare gli abiti logori dei suoi piccoli amici, per riconsegnarli loro al mattino.

 

Don Bosco fu dunque un buon sarto di vestiti, ma prima di tutto e soprattutto fu un grande sarto di anime, un fine ricamatore di vite, sapendo riconoscere e coltivare nei cuori dei suoi ragazzi la sottile e preziosa trama dei disegni di Dio.

Due fatti, in sè molto semplici, possono aiutarci a capire di che "stoffe" don Bosco si occupava.

 

Giovanni è in seminario a Chieri, frequenta il primo anno di filosofia, 1835-36. Una notte sogna di essere già prete, con stola e rocchetto, mentre lavora in una bottega da sarto. E' un lavoro molto particolare: in questa sartoria non si confezionano vestiti nuovi, ma si rammendano abiti logori e si cucciono assieme pezzi di stoffa strappata.

- Facciamo ora un salto di ben 18 anni: ritroviamo don Bosco, circondato dai suoi monelli, mentre trascorre alcuni giorni di vacanza ai Becchi, preparandosi a festeggiare la Madonna del Rosario. E' il 2 ottobre 1854. Di buon mattino, accompagnato dal padre, un ragazzo dal volto ilare si fa incontro a don Bosco, chiedendogli di portarlo con lui a studiare a Torino: è Domenico Savio, figlio di un fabbro e di una sarta. Don Bosco scrive: "rimasi non poco stupito considerando i lavori che la Grazia divina aveva già operato in così tenera età". E qui Domenico Savio scopre le sue carte: "dunque io sono la stoffa, ella ne sia il sarto, mi prenda con lei e farà un bell'abito pel Signore".

 

Ecco qua le stoffe predilette da don Bosco! Non è casuale il succedersi di questi due episodi: prima la stoffa a brandelli dei ragazzi più poveri e abbandonati, poi la "buona stoffa" di Domenico, unite dalla paziente tessitura di un grande sarto, anzi di un vero santo! Proprio così, nonostante noi spesso ripetiamo che don Bosco non aveva preferiti e non faceva preferenze, queste due stoffe erano di gran lunga le più care al suo cuore di padre. Perché tutto questo? Molto semplice. L'oratorio è la casa dei ragazzi che non hanno casa, la famiglia di chi non ha un padre, il luogo in cui, chi ha il cuore a brandelli, può riscoprire che il Signore lo ama, lo chiama ad essere felice nel tempo e nell'eternità. L'oratorio è la sartoria in cui da uno strappo si fa un ricamo. Serve chi questo amore lo incarni, chi scelga di rispondere alla chiamata di Dio che invita a donare tutta la stoffa, tutta la vita, perché altri Lo possano incontrare, serve della buona stoffa per fare un abito per il Signore, serve qualcuno che voglia imparare il mestiere del sarto: è questa la via per diventare santo. I più poveri e le vocazioni: ecco i due poli inscindibili attorno a cui gravita l'intera esistenza di don Bosco, ricamo che rivela la bellezza del cuore di Dio!

 

 

Matteo Rupil SDB

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